L’acufene è la percezione di un suono (ronzio, fischio, trillo, ma anche parlato o musica) in assenza di sorgenti esterne, in entrambe le orecchie, in uno solo o in testa e può avere gravi ripercussioni su chi ne soffre. Scopo della gestione dell’acufene deve quindi essere una diminuzione della sua severità e dell’influenza negativa.
L’acufene colpisce il 10-15% della popolazione mondiale, circa 600 milioni di persone, ma l’incidenza è destinata a salire, causa dell’aumento della popolazione anziana e dell’esposizione al rumore: fattori di rischio sono infatti rumore, ma anche ipoacusia, invecchiamento e sesso (maschile). Molte persone riescono a far fronte al disturbo e la loro vita continua normalmente, per altri la quotidianità diventa molto difficile.

“L’ipoacusia è una menomazione improvvisa e soffrire di acufene è come ricevere una doppia batosta”.

Molte prove evidenziano una forte correlazione tra ipoacusia e acufene:

– La maggior parte dei pazienti che soffrono di acufene è affetta anche da ipoacusia

– Tra il 75% e 90% dei pazienti con otosclerosi soffrono di acufene

– Circa l’80% di pazienti affetti da ipoacusia neurosensoriale idiopatica soffre anche di acufene.

Da un piccolo studio su persone normoudenti si è evinto che una sordità simulata può indurre la percezione di un suono fantasma: la ricerca attuale tende infatti a considerare l’acufene come un problema dovuto ad uno squilibrio negli stimoli di eccitazione e inibizione dai neuroni uditivi. La teoria attualmente accettata è quindi quella secondo cui l’acufene nasca nel cervello e sia attivato dalla perdita di normali input provenienti dall’orecchio interno.

Proprio perché l’acufene è associato ad ipoacusia, vale la pena prendere in considerazione gli effetti di un ripristino almeno parziale della capacità uditiva: in 10 studi su 11 l’applicazione di apparecchi acustici ha portato ad un miglioramento dei sintomi dell’acufene con un’attenuazione della sua severità fino al 50%.

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